Il 45,8% sceglie il tempo pieno alla scuola primaria

Il Lazio è la prima regione in Italia: coinvolge il 64,8% degli alunni

Aumenta il numero delle famiglie italiane che sceglie per i propri figli il tempo pieno alla scuola primaria. Nell’anno scolastico 2020/21 la percentuale è passata dal 44,4% al 45,8%. Ma, come sempre, la diffusione delle scuole che offrono questo servizio è davvero disomogenea e le differenze non sono solo tra Nord e Sud del Paese, ma anche tra centri grandi e piccoli Paesi.

tempo pieno scuola primaria

Tempo pieno alla scuola primaria, le differenze regionali

Partiamo, però, dalle differenze tra le regioni. Mediamente al Centro-Nord, dove le donne lavorano di più, la percentuale di quanti preferiscono il tempo pieno è superiore alla media. Lazio, Piemonte, Toscana e Liguria sono ai primi posti, con più del 60% dei bambini che rimane a scuola 40 ore a settimana. La differenza con il Sud è enorme. In Molise questa percentuale scende al 13,6%, in Sicilia al 15,6%, in Puglia e Campania rispettivamente al 21,1% e 27,7%.

Nel Molise il tempo pieno alla scuola primaria è scelto dal 13,6%

Chiaramente ha importanza anche la disponibilità di scuole con il tempo pieno. Ma è un circolo vizioso: l’offerta di tali scuole aumenta proprio dove la domanda è maggiore, e lo è dove le famiglie hanno l’impossibilità di occuparsi dei figli in orario lavorativo, ovvero dove entrambi i genitori lavorano. Ed è anche per questo che poche scuole al Sud offrono tempo pieno, perché sono poche le madri che lavorano. Ma molte, a loro volta, rinunciano a lavorare anche per l’assenza di scuole che si occupano dei figli fino al pomeriggio.

Nel Lazio il 64,3% delle famiglie sceglie il tempo pieno per i figli

È il Lazio infatti la regione in cui il tempo pieno alla scuola primaria è stato scelto dal maggior numero delle famiglie, il 64,3%, in aumento rispetto al 62% dell’anno scorso. Il tasso d’occupazione femminile è appena sopra di quello nazionale, qui quindi non è il minor numero di donne a casa che è il driver della scelta, ma probabilmente il fatto che nella regione si concentra gran parte della popolazione che, abitando nella maggiore metropoli d’Italia e in un area ad alta densità, può scegliere con maggiore facilità una scuola con tempo pieno se quella più vicina non dovesse prevederlo.

Perché il tempo pieno alla scuola primaria non è per tutti

Il problema del tempo pieno sono i suoi costi perché, ovviamente, occorre pagare gli insegnanti che si trattengono anche nel pomeriggio, il personale Ata senza contare tutti i servizi che devono essere resi disponibili per più ore durante il giorno come, ad esempio, il riscaldamento.

Per questo il motivo per il quale il tempo pieno nella scuola italiana non è disponibile per tutti riguarda gli sfarsi stanziamenti che il governo e/o le singole regioni, destinano all’istruzione. Eppure le promesse, nel corso degli anni, non sono mancate. Ultimo (per ora) a farle è stato l’ex premier Giuseppe Conte che aveva assicurato “una riforma per garantire il tempo pieno su tutto il territorio nazionale che possa dare effettiva possibilità alle famiglie – e soprattutto alle donne – di inserirsi nel mercato del lavoro”.

Come è cambiato l’orario scolastico

Fino a 50 anni fa l’orario scolastico nelle zone industriali del Paese e nelle città medio-grandi comprendeva solo 24 ore di lezione settimanali. Quando, appunto 50 anni fa, venne portato a 40 ore fu uno sconvolgimento sociale e culturale. Ma anche economico, perché le famiglie e proprio le donne, hanno avuto l’opportunità di inserirsi più agevolmente nel mercato del lavoro, o, almeno, a cercare lavoro in modo più assiduo e convinto. Per avere il tempo pieno, però, bisognerà aspettare il 1971, ma la sua adozione nelle scuole dipendeva dalla richiesta da parte delle famiglie e dalla disponibilità della singola scuola ad offrirlo ed è ovvio che le prime ad adottare l’orario esteso sono state le scuole delle città dove più alta era l’occupazione femminile.

La dispersione scolastica e il tempo pieno a scuola

Da allora ad oggi, invece che diminuire grazie ad una legge nazionale, le disuguaglianze tra le regioni sono aumentate. Come dicono i dati che abbiamo visto, il tempo pieno è offerto di meno nelle regioni dove più alta è la dispersione scolastica ed è offerto in misura maggiore nelle zone più ricche. In pratica, un bambino che è nato in uno dei comuni della Lombardia può contare su 40 ore settimanali perché nel suo comune o in uno limitrofo, troverà sempre una scuola che offre questo servizio. Al contrario un bambino, per esempio, siciliano nella stragrande maggioranza dei casi deve accontentarsi di 30 ore la settimana che spesso scendono a 27.

I dati si riferiscono al 2019/20 e 2021/21

Fonte: Ministero della Pubblica Amministrazione

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